"Si deve sempre rispetto alle religioni altrui.
Agendo in questo modo si esalta la propria religione e non si fa offesa alle altre"

Editto XII 
del re indiano Ash
oka 
(III secolo a.C.)

 

La contemplazione di Dio

di Cipriano Carini, osb 



[Conclusioni del convegno La contemplazione di Dio nell'induismo, nel monachesimo benedettino e nel sufismo, organizzato dal DIM e tenuto ad Assisi dal 13 al 17 luglio 2005]

 

 

 

"Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e soltanto in Dio l'uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa".

 

"La ragione più alta della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio; non esiste, infatti, se non perché, creato per amore da Dio, da lui sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non lo riconosce liberamente e se non si affida al suo creatore (Gaudium et spes 19).

 

"Nel corso della loro storia, e fino ai nostri giorni, gli uomini in molteplici modi hanno espresso la loro ricerca di Dio attraverso le loro credenze ed i loro comportamenti religiosi (preghiere, sacrifici, culti, meditazioni, eccetera). Malgrado le ambiguità che possono presentare, tali forme d'espressione sono così universali che l'uomo può essere definito un essere religioso" (Catechismo della chiesa cattolica 27-28).

 

Come l'uomo cerchi di incontrare Dio è difficile descriverlo, così come è difficile poter misurare la fede. Siamo tendenti a fare statistiche per stabilire il numero dei cristiani, dei musulmani, dei buddhisti, degli induisti … e l'imponenza delle folle che intervengono in grandi raduni religiosi sembra essere il metro per stabilire la quantità dei credenti.

Noi cattolici poi guardiamo a quanti partecipano alla messa domenicale, a quanti si accostano ai sacramenti, a quanti si sposano in chiesa, a quanti mandano i loro figli al catechismo… Anche se Gesù con una splendida parabola rivela un modo di valutare la fede molto diverso dal nostro:

 

"Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: 'Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno, preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi'. Allora i giusti gli risponderanno: 'Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?'. Rispondendo, il re dirà loro: 'In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me'" (Mt 25,31-46).

 

Non si tratta quindi di partecipazione a solenni celebrazioni, curate nei minimi dettagli, eseguite in modo impeccabile, ma di amore praticato verso il prossimo, nel quale vive Dio.

Uno scienziato agnostico, Dean Hamer, biologo molecolare presso i National Institutes of Health, in un libro dal titolo The God Gene. How faith is hardwired into our genes, vuole dimostrare come la fede religiosa è iscritta nei nostri geni, la tendenza alla spiritualità è incisa nel DNA umano, come lo sono le altre caratteristiche personali; anche la religiosità, per l'autore, è il risultato dell'attività cerebrale che ci predispone alla ricerca spirituale, al trascendente, accendendo in ciascuno di noi una voglia spirituale. Il gene si chiama VMAT2 e funziona in modo diverso nelle diverse creature, ma la tendenza a cercare Dio è in tutti; la pratica religiosa invece dipende dalla formazione, dall'ambiente, dalle abitudini, dalle culture, dalle strutture. Questo gene sarebbe alla base della spiritualità universale.

Quello che l'autore della Lettera agli Ebrei sognava per il popolo d'Israele diventa valido per tutta l'umanità:

 

"Dopo quei giorni, dice il Signore, porrò le mie leggi nella loro mente e le imprimerò nei loro cuori; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Né alcuno avrà più da istruire il suo concittadino, né alcuno il proprio fratello, dicendo: 'Conosci il Signore!'. Tutti infatti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro" (Eb 8,10-11).

 

Dio è in tutti noi e tutti noi, anche se in modo diverso, lo cerchiamo.

Certamente con il nostro intelletto; tutte le religioni hanno le proprie università, i propri testi sacri, i centri culturali. Si vuole indagare Dio, il vero, il bello, il giusto, si desidera sostenere l'anima con la ragione, dare una dimostrazione razionale a tutte le verità; questo serve a farci evitare le credulonerie, l'ignoranza, la religiosità ingenua; fissiamo e approfondiamo i termini concettuali per conoscere i misteri di Dio.

Nella chiesa cristiana ci rifacciamo all'epoca dei grandi concili, alla dottrina scolastica o a quella moderna e contemporanea, con metodi e strumenti di comprensione e di esposizione che si fondano su disquisizioni filosofiche aristoteliche.

Sentiamo la necessità del supporto umano per capire la religione, come san Paolo ad Atene (cf. At 17,16-34).

Ma in questo convegno si è cercato di comprendere Dio più che con la strada dell'intelletto, con quella del cuore; per questo ci si è rivolti al monachesimo. Questo stile di vita è il modo migliore per vivere le religioni. Conduce a incontrare Dio nella contemplazione. E se l'islam non ha il monachesimo, ha però il sufismo che gli assomiglia molto, come abbiamo ascoltato da p. Giuseppe Scattolin, profondo conoscitore della storia e della spiritualità sufi.

La contemplazione fa parte davvero della costituzione dell'uomo? È una possibilità naturale aperta a tutti? È un dinamismo dello spirito insito nell'umano? Tutti abbiamo la possibilità di una eventuale conoscenza contemplativa di Dio? È una normalità o una straordinarietà la contemplazione?

E possiamo domandarci: ogni religione ha la possibilità della contemplazione? Una volta che la storia ci presenta esempi concreti di contemplativi, di mistici nelle varie religioni, non possiamo dire altro se non che anche se le specificità dell'universo religioso concreto possono variare, di fatto esistono le esperienze contemplative in ogni religione, anche se diverse.

Contemplazione e mistica sono connaturali a tutte le religioni? C'è davvero da augurarci un'imminente religione dello spirito che riunirà tutte le religioni, pur nella molteplice differenziazione? Ma che cos'è la contemplazione?

Non si tratta della visione beatifica, della partecipazione alla divinità per l'eternità, ma il vivere la religione oggi, su questa terra, in unione con Dio. È una particolarità delle religioni che trovano nella spiritualità contemplativa il modo più profondo di unione con Dio. Lo spirito umano sente l'esigenza di nutrirsi del vero, del bello, del buono, di Dio; sente il bisogno di aderire al mistero. È uno stato spirituale nel quale il credente si abbandona completamente al suo Dio; un abbandono vivo, attivo nel quale l'anima prende coscienza di Dio presente e operante in lei, un Dio assoluto, principio e fine, bello, buono, vero, pace, riposo. L'uomo, aprendosi alla vita dello spirito, rende viva la propria fede entrando in contatto con Dio.

L'esperienza spirituale viene vissuta come esperienza di interiorità; è una particolare esperienza religiosa che esce dal campo dell'intelletto e fa comprendere il dato della fede con un "sapere" diverso, con sapore.

Come avviene? Qual è il contenuto della contemplazione? Che effetti ha sulla vita della persona? Sulle sue relazioni con gli altri e con il creato? Trasforma i nostri sensi? Ne hanno parlato i relatori delle tre religioni: induista, cristiana, islamica.

La chiesa cattolica nel 1984 in un documento dal titolo L'atteggiamento della chiesa di fronte ai seguaci di altre religioni, a cura dell'allora Segretariato per i non cristiani, evidenziando la molteplicità dei modi con cui il dialogo si esplica, quasi a coronamento scriveva:

 

"A un livello più profondo, uomini radicati nelle proprie tradizioni religiose possono condividere le proprie esperienze di preghiera, di contemplazione, di fede e di impegno, espressioni e vie della ricerca dell'Assoluto. Questo tipo di dialogo diventa arricchimento vicendevole e cooperazione feconda nel promuovere e preservare i valori e gli ideali spirituali più alti dell'uomo. Esso conduce naturalmente a comunicarsi vicendevolmente le ragioni della propria fede e non si arresta di fronte alle differenze talvolta profonde, ma si rimette con umiltà e fiducia a Dio, 'che è più grande del nostro cuore' (1Gv 3,20). Il cristiano ha così l'occasione di offrire all'altro la possibilità di sperimentare in maniera esistenziale i valori del vangelo" (nr. 35).

 

La contemplazione è quindi riconosciuta a livello profondo, nelle diverse religioni, quale manifestazione della vita spirituale; è un elevarsi a Dio, un vivere in Dio.

Non si identifica con la meditazione, con la lectio divina, anche se questi mezzi possono condurre alla contemplazione. Non è lo studio dottrinale e teologico della propria fede. Non è la così detta "vita contemplativa" (suddivisione della vita consacrata tra vita attiva, vita mista, vita contemplativa), anche se in essa l'esercizio principale del credente consiste nell'applicarsi a una realtà superiore, con il proprio spirito e il proprio cuore. E' un immedesimarsi con Dio, dimenticando la corporeità, portando il proprio corpo a essere partecipe di un'esperienza superiore.

Che cosa viene richiesto a noi ?

Non possiamo pretendere di richiedere a tutti i credenti di essere dei contemplativi, dei mistici; a tutti si deve però richiedere di essere dei coerenti con la propria fede, con il proprio mondo religioso, con i propri testi sacri.

A un cristiano si richiede di essere un cristiano autentico.

Anche se la stima che portiamo per le varie religioni è basata sulla loro capacità di suscitare una vita contemplativa, non possiamo mettere la perfezione dei credenti nella contemplazione, e richiedere l'attività contemplativa quale scopo della vita.

Nello stesso tempo è bene che ogni credente ogni anno, ogni mese, ogni giorno sappia ritirarsi in un luogo appartato, dimenticare gli altri affari e concentrarsi unicamente sulla vita interiore, spirituale, senza con questo pretendere di raggiungere la contemplazione, l'incontro con Dio.

Ed è bene che ogni credente si applichi al dialogo, poiché "il frutto del dialogo è l'unione tra gli uomini e l'unione degli uomini con Dio, che è fonte e rivelazione di tutta la verità e il cui Spirito guida gli uomini alla libertà, quando questi vanno incontro l'uno all'altro in tutta onestà e amore. Attraverso il dialogo facciamo sì che Dio sia presente in mezzo a noi, poiché mentre ci apriamo l'un l'altro nel dialogo, ci apriamo anche a Dio" (Discorso di Giovanni Paolo II a Madras, 1986, nr. 5).

Lo stesso papa ha ripetuto più volte la sua ammirazione per l'induismo che "con il suo enorme senso del primato della religione e della grandezza dell'Essere supremo ha dato una potente testimonianza contro una visione materialistica e ateistica del mondo" (ibid., nr. 1).

Non diversa è stata l'ammirazione dello stesso papa per i musulmani, espressa con entusiasmo tante volte, ma specialmente a Casablanca, quando a ottantamila giovani musulmani riuniti, mettendo in evidenza i valori comuni tra cristiani e musulmani, ha incitato a una testimonianza comune sul senso di Dio, sulla dignità dell'uomo, invitando alla collaborazione, al dialogo, al rispetto, alla reciprocità: "Questa obbedienza a Dio e questo amore per l'uomo devono condurci a rispettare i diritti dell'uomo, questi diritti che sono l'espressione della volontà di Dio e l'esigenza della natura umana come Dio l'ha creata".

La contemplazione e vuole aiutarci per imparare a conoscerci nel profondo, a stimarci, a rispettarci, a cambiare le nostre vecchie abitudini di opposizioni violente, per dare il nostro piccolo contributo alla costruzione di un mondo nuovo più umano, pluralista e solidale, nel quale ci siano degne condizioni di vita per tutti.

 

Cipriano Carini, osb

 

  Contatti: info@dimitalia.com

  Site Map