"Si deve sempre rispetto alle religioni altrui.
Agendo in questo modo si esalta la propria religione e non si fa offesa alle altre"

Editto XII 
del re indiano Ash
oka 
(III secolo a.C.)

 
Presentazione degli "Scambi spirituali Est-Ovest"

   
     Con questo titolo si intende presentare una esperienza di ospitalità e condivisione durante la quale dei monaci buddhisti vivono in monasteri cristiani europei e viceversa. Tenere presente che il monachesimo cristiano è stato la prima forma di vita consacrata strutturata nella chiesa, ed è tuttora vivo sia nel mondo ortodosso che in quello cattolico ed è ritornato in vigore ultimamente anche nel protestantesimo. È presente in tutti i continenti. I monaci cattolici sono circa 8.000 e le monache quasi 17.000. Nello stesso tempo il buddhismo è legato dalla sua nascita al monachesimo, in tutte le sue varie forme e nazioni (India, Birmania, Cambogia, Cina, Corea, Giappone, Indonesia, Laos, Mongolia, Thailandia, Tibet) ed è parte integrante della religione buddhista anche ai nostri giorni.

    Da più di 50 anni cristiani desiderosi di preghiera, in ricerca spirituale, hanno iniziato ad incontrare concretamente spiritualità elaborate di altre religioni, soprattutto orientali. Non si tratta tanto di un dialogo teologico, ma esperienziale, pratico, su cui riflettere con un certo interesse. Si è iniziato negli anni cinquanta con la pratica yoga, con risultati non sempre positivi; per alcuni credenti è nata la consapevolezza che è possibile associare la vita spirituale al corpo.

    Successivamente lo zen ha fatto di nuovo scoprire il silenzio interiore, poco visibile nella pratica cristiana liturgica di quei tempi, e così alcuni hanno potuto entrare in profondità nella preghiera.

    Mentre noi cristiani, specialmente cattolici, pensavamo di avere il dominio della spiritualità, della preghiera, della vita interiore, a tal punto da definirne anche le modalità esteriori, le vie orientali ci hanno aperto altre strade, immettendoci in una libertà e spontaneità meditativa che perlomeno avevamo dimenticato.

    Il DIM europeo ha moltiplicato i rapporti con monaci indu, buddhisti, tibetani, zen del Giappone, iniziando con questi ultimi "Scambi spirituali Est-Ovest" dal 1979; alcuni monaci giapponesi sono stati ospiti per un certo periodo in monasteri cristiani europei, così come monaci cristiani in monasteri giapponesi. Altrettanto hanno fatto i monaci e le monache degli Stati Uniti con i monaci e le monache del Tibet. Si tratta di un vero "programma di ospitalità monastica" a carattere spirituale.

    Questi scambi offrono la possibilità a monaci e monache cristiane europee e a monaci e monache buddhiste zen giapponesi di soggiornare nei monasteri gli uni degli altri per circa quattro settimane, condividendo integralmente la pratica monastica dell'altra tradizione. Il primo scambio avvenne nel 1979, su richiesta dei giapponesi. Questo avvenimento venne salutato da papa Giovanni Paolo II come avvenimento storico nel campo del dialogo interreligioso e si complimentò con l'abate primate dell'epoca, p. Victor Dammertz. Questi scambi sono organizzati nel Giappone dall'Hanazono Institute for Zen Studies di Kyoto e dal Segretariato generale del DIM, in collaborazione con la Commisione nazionale ospitante (nel 2003 l'Italia).

    Lo scambio di ospitalità procede in questo modo: i primi giorni vengono usati per adattare al diverso fuso orario, per introdurre all'altra religione, ai costumi e tradizioni proprie. Alcune visite a luoghi spirituali e a comunità completano le informazioni iniziali.

    Il periodo più importante è quello trascorso nei monasteri; i partecipanti in piccoli gruppi di due o tre persone rimangono ospiti presso le comunità. Nel caso italiano sono state scelte le comunità di Camaldoli, Isola San Giulio, Praglia, Noci. Partecipano alla liturgia (eucaristica e delle ore in Europa, recita dei Sutra e zazen in Giappone); si evitano i riti che potrebbero sembrare sincretismi; si partecipa alla lectio divina in Europa e alle sesshin in Giappone; si svolgono i lavori insieme secondo le necessità e le consuetudini del luogo.

    Si termina con un simposio che riunisce di nuovo tutti i partecipanti, insieme ad alcuni esperti; si richiede alle comunità ospitanti e ai monaci ospitati di fare una relazione dell'esperienza.

    Talvolta è difficile poter dialogare a causa della lingua; in Italia abbiamo avuto la possibilità di usufruire di p. Luciano Mazzocchi, missionario saveriano, come anche di un monaco buddhista zen giapponese di provenienza americana e di un monaco buddhista zen giapponese che vive insieme a p. Luciano.

    In questo modo circa 150 monaci e monache buddhisti e cristiani hanno potuto fare esperienza delle tradizioni altrui. Anche diverse comunità sono state sensibilizzate, sia quella di appartenenza che di accoglienza, togliendo malintesi, approfondendo la conoscenza reciproca.

    Le nazioni Europee hanno contribuito tutte a queste esperienze, specialmente le comunità monastiche francesi; l'iniziativa fa riferimento sempre al segretario generale p. Pierre de Béthune, del monastero di Clerlande (Belgio). L'Italia ha preso in proprio l'esperienza del 2003.

    Ogni scambio avvenuto è stato reso pubblico attraverso le pubblicazioni del DIM internazionale o delle commissioni locali. Il IX scambio del 2003 è stato riportato nel Bollettino internazionale F.16 (2003/2, pp. 22-31). Alcuni monaci buddhisti sono anche ora in comunicazione epistolare con monaci benedettini dei monasteri dove sono stati ospiti. La commissione italiana ha preparato un fascicolo, con foto, che presenta la cronaca dell'esperienza da parte dei monasteri ospitanti.


Alcune valutazioni generiche

    Naturalmente su queste esperienze fatte da monaci buddhisti zen e monaci cristiani è possibile mettere in evidenza aspetti positivi e negativi, come ad esempio:

  • È stato scelto da noi europei il monachesimo buddhista zen giapponese, scelta derivante da avvenimenti e conoscenze particolari, così come dal fatto che il buddhismo è giunto in Europa attraverso il Giappone. Ma il monachesimo buddhista giapponese forse non è il migliore; gli americani si sono rivolti ai monaci del Tibet; è possibile rivolgersi ad altre nazioni: Birmania, Thailandia, Cina... e trovare stili di vita più rigidi, più comunitari. La nostra esperienza è una esperienza tra le molte possibili. Del resto anche il monachesimo cristiano ha molte facce, incominciando a suddividerlo tra monachesimo ortodosso (tipo Monte Athos) e monachesimo cattolico, e anche quest'ultimo diverso, si potrebbe dire, per ogni monastero, per ogni nazione, secondo la propria storia, il proprio inserimento nella società, le proprie attività più o meno pastorali, culturali, contemplative, di clausura...
  • Gli scambi avvengono tra due realtà diverse: noi europei prendiamo dei monaci che vivono in monasteri, i giapponesi prendono degli studenti che frequentano università buddhiste, e che nella stragrande maggioranza dei casi, dopo alcuni anni di formazione, diventeranno custodi dei templi e non vivranno più la vita monastica.
  • Il DIM non ha una sua presenza monastica in Giappone, in Vietnam, in Corea, nel Laos; vi è solo una piccola organizzazione DIM nell'immensa India, e teniamo i contatti con l'oriente quindi per mezzo di università o di altri istituti religiosi (i missionari saveriani, per esempio) e questo cambia già la prospettiva degli scambi nel voler condividere la vita monastica per mezzo di cristiani non monaci. Solo in India è stato possibile iniziare esperienze di Ashram cristiani in mezzo al mondo indu.
  • In alcune nazioni dove convivono serenamente monaci buddhisti, indu e cristiani, non è sentita la voglia di iniziare una organizzazione di dialogo (DIM) e preferiscono continuare così, senza muovere le acque e costruire strutture di dialogo, che potrebbero avere effetti negativi.
  • Normalmente sia i monaci che vengono in Europa che le comunità che li accolgono non hanno una preparazione sufficiente; sono quindi facili gli equivoci, gli errori, gli impegni da parte di alcuni monaci a voler convertire gli ospiti subito a Cristo. Per proseguire l'esperimento occorre certo migliorare l'organizzazione, poiché:
    • è un cammino;
    • richiede una conversione personale e comunitaria reciproca;
    • occorre un approfondimento della propria fede;
    • si deve rinnovare l'impegno della preghiera e della meditazione;
    • bisogna moltiplicare le esperienze interreligiose più che il dialogo interreligioso.

     Si tratta di un dialogo nell'esperienza spirituale, base di ogni dialogo, ben lontano ancora da essere vissuto anche nella chiesa cattolica. Forse possiamo trovare un esempio riuscito di vita cristiano-buddhista in p. Vincenzo Shigeto Oshida (domenicano, 1922-2003), "vero testimone dell'avventura dello Spirito oggi. Padre Oshida è stato un pellegrino e un precursore della via dello zen che incontra il vangelo. Tale incontro avvenne in modo radicalmente semplice, senza complicazioni di sorta, senza raggiri, senza remore, senza strascichi, proprio grazie al fatto che si attuò a livello profondo, dove l'anima è creativa e ancora memore dell'alito divino che l'ha plasmata. Ha accolto il vangelo nella sua anima giapponese, senza averla prima manipolata di cultura occidentale" (P. Luciano Mazzocchi nella lettera di annuncio della morte). Non amava parlare di dialogo, ma di "incontro in profondità", scostandosi dalle parole, dalle frasi. Fondò un eremo a Takamori, tra le "Alpi" giapponesi, dove la vita trascorreva in un clima di lavoro rude, meditazione zen prolungata, scambi veramente fraterni, liturgia cristiana di una semplicità luminosa. La semplicità racchiude tutto il suo messaggio, nell'obbedienza e povertà completa. "Amava ripetere di se stesso che era 'un buddhista che aveva incontrato Cristo' ... 'L'inculturazione è il nostro incontro con la corrente sotterranea della tradizione mistica, nascosta nelle profondità del nostro essere, nel cammino della nostra semplificazione integrale' ... Ripeteva alle persone che meditavano con lui il mantra che conclude l'inno Hannya Shingyo: 'Gate, gate, paragate, parasamgate' (Remiamo, remiamo, al largo, verso la profondità del mare di Dio)" (P.- F. de Béthune, nel "Liminaire" del Bulletin international del DIM, 2003/2, p. 2). Ci aspettiamo che p. Luciano Mazzocchi traduca in italiano le sue opere, tutte scritte in giapponese.


Alcune compatibità tra i monachesimi

    Esteriormente si potrebbero mettere in evidenza diversi aspetti che ci accumunano, come:

  • Lettura dei testi sacri (Bibbia e Veda).
  • Vita regolare "disciplinata".
  • Ascesi.
  • Lunghe preghiere quotidiane.
  • Meditazioni lunghe (Lectio divina e Zazen).
  • Abito particolare.

    Interiormente possiamo lo stesso trovare delle affinità:

  • Visione del monachesimo come un modo di vivere la religione.
  • Importanza data alla religione, e questo nell'epoca del materialismo, per dar valore alla vita interiore.
  • Necessità di motivazioni forti, personali, per vivere per sempre una tale vocazione.
  • Impegno per creare nell'uomo un vuoto per essere aperti alla presenza di Dio, vedendo la vocazione monastica come espressione di una dinamica umana che precede le religioni.
  • Tutte e due le religioni offrono metodi spirituali di meditazione e regole di vita .
  • Tutte e due le religioni cercano di promuovere l'armonia e la pace nel singolo e nell'umanità, anche se con metodi diversi.


Che cosa hanno evidenziato i monaci buddhisti rimanendo ospiti nei monasteri cristiani

  • Più impegno per la pace da parte dei cristiani, più inserimento nel sociale; per i buddhisti l'accento è esclusivamente posto sulla concentrazione nella meditazione, sulla salvezza personale.
  • Tutti ammirano il nostro spirito di ospitalità, di accoglienza serena, di raccoglimento nel monastero; nei monasteri zen l'educazione è maggiormente sul proprio tornaconto, con disinteresse dell'altro, e questo genera sgarberie e freddezza.
  • Le comunità italiane hanno poca conoscenza del buddhismo e ritengono che la nostra dottrina della comprensione del "niente" sia un cammino verso il vuoto, mentre è anche l'incontro con l'Assoluto che non è il "non essere".
  • È interessante per un monaco buddhista vedere che nelle comunità cristiane vi è equilibrio, comunione anche tra monaci anziani e giovani; gli anziani creano il clima di fraternità, l'atmosfera di comunione; in Giappone pochi sono gli anziani, e piuttosto lontani dai giovani.
    Vita regolare permanente, mentre in Giappone i periodi intensi di disciplina e di scuola sono intercalati a periodi di distensione.
  • È più difficile nelle comunità buddhiste la vita fraterna; le continue prove da superare, gli esami da dare, generano rivalità, controversie, gelosie, ripicche.
  • Mentre il buddhismo permette di "abitare nel dubbio", il cristianesimo richiede l'adesione completa, di fede; adesione dogmatica, difficile da accogliere nella mentalità critica dei nostri giorni.
  • Desiderio di mantenere da parte dei monaci zen la vita spirituale buddhista, la vita monastica contemplativa, senza dover accogliere la mentalità occidentale con la sua laicità.
  • La costruzione in pietra dei monasteri cristiani dà la sensazione di sicurezza, di sostegno potente nella propria ricerca spirituale, a differenza dei monasteri zen.
  • Mentre le comunità monastiche zen mettono in evidenza al massimo la loro costituzione gerarchica, le comunità cristiane danno maggiore risalto alla fraternità, all'uguaglianza, alla comunione di vita.
  • Liturgie curate, canto che eleva (a differenza del canto lugubre zen) monachesimo a vita. In Giappone ogni 100 monaci che entrano, 50 se ne vanno entro un anno, quasi tutti entro 5 anni.
  • Ogni monastero ha una biblioteca e ha culto per il libro, per lo studio; in Giappone l'attenzione allo studio è transitoria, solo per il periodo di formazione, senza biblioteche raggiungibili facilmente.


Che cosa hanno evidenziato i monaci cristiani nell'esperienza zen

  • Difficoltà fisiche: restare immobili per lungo tempo a gambe incrociate, mangiare a ritmo e modo giapponese con i bastoncini, venire picchiati durante le sedute, difficoltà a difendersi dalle mosche stando fermi, dormire in dormitorio comune.
  • Mancanza di tempo libero, personale.
  • Difficoltà di attenzione alle forme, alla cultura e alla religiosità giapponese.
  • Crescita di attenzione al creato nella preghiera, per riconoscere nella natura l'epifania del divino; preghiera all'aperto, specialmente al sorgere e al tramonto del sole.
  • Meditazione completamente silenziosa nella posizione del loto (za-zen). Silenzio del corpo e del cuore, con spogliazione radicale del proprio io.
  • Difficoltà di diffondere la cultura del dialogo, di una sincera collaborazione, sentendoci giudicati come persone che intendono convertire, piuttosto che dialogare, accettando le idee degli altri; persone capaci più di assistenza sociale che di vita interiore.
  • Nostra conoscenza superficiale e preconcetta verso il buddhismo e le altre religioni.
  • Il sentire la necessità del dialogo per unire le forze di fronte al processo di secolarizzazione che sembra distruggere le radici religiose sia cristiane che buddhiste.
  • Sentire che siamo in cammino, ma che c'è bisogno di tanta pazienza per poter vedere qualche risultato. L'incontro con il buddhismo risulta come un incontro tra due grandi forze spirituali; l'incontro potrà essere fecondo per entrambi, senza sincretismi o irenismi.
  • La conoscenza di opposizioni rilevanti nelle teologie cattoliche a riguardo, con contrasti che occorrerebbe superare in patria, prima di esporsi all'incontro con altre religioni. I contrasti riguardano il ruolo del Cristo, il posto della chiesa, l'azione dello Spirito nel cuore umano.

Cipriano Carini
 

 

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