"Si deve sempre rispetto alle religioni altrui.

Agendo in questo modo si esalta la propria religione e non si fa offesa alle altre"

Editto XII 
del re indiano Ash
oka 
(III secolo a.C.)

 

 "I credenti e la creazione"
Dialogo tra cristiani e musulmani

Monastero Santa Chiara, Urbino
26-27 aprile 2019

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Desideriamo condividere con voi la ricchezza spirituale dell’incontro vissuto con una delegazione di diciannove fratelli della COREIS (Comunità Religiosa Islamica) italiana nei giorni 26 e 27 aprile nel nostro Monastero di Urbino sul tema "I credenti e la creazione. Dialogo tra cristiani e musulmani". Da tempo desideravamo questo momento e ringraziamo l’imam Yahya Sergio Pallavicini e i fratelli della COREIS per aver accettato questa nostra richiesta.

Ricorre quest’anno l’anniversario dell’incontro tra san Francesco e il sultano Malik al-Kamil, incontro riattualizzato per il nostro tempo, non meno oscuro e doloroso di quello delle crociate, da papa Francesco, il grande imam al-Tayyib negli Emirati arabi e il re Mohammed VI in Marocco. Il ricordo di quell’abbraccio del passato è diventato così, oggi, l’icona di una fratellanza possibile, fratellanza che trova le sue fondamenta in Dio, che è “l’origine dell’unica famiglia umana”. Dio abbraccia e include, non erige muri e non discrimina; per lui tutti i suoi figli hanno uguale dignità e se ha una preferenza è per i poveri, gli oppressi e gli esclusi; per questo tutte le religioni – e noi monaci e monache di tutte le tradizioni religiose – sono chiamate a essere, come ha detto papa Francesco ad Abu Dhabi, “sentinelle di fraternità nella notte dei conflitti”, sentinelle che impediscono all’umanità di rassegnarsi di fronte ai drammi del mondo e che “con coraggio e audacia non rinunciano al compito urgente di costruire ponti tra popoli e culture”.

San Francesco d’Assisi partì dal porto di Ancona per recarsi, come pellegrino di pace in Terrasanta durante la quinta crociata. Non sappiamo con esattezza come siano andate realmente le cose tra lui e il sultano: diversi, infatti, sono i racconti tratti dalle Fonti francescane ma quello che è certo storicamente è la profezia che animò Francesco, una profezia di pace, di dialogo, di fratellanza che non cessa di mettere in cammino, ancora oggi, uomini e donne di buona volontà. L’unica domanda che è doveroso farsi ora, non è più su san Francesco ma su di noi, cioè se vogliamo lasciarci raggiungere da questa sua stessa profezia, se vogliamo che essa rompa quegli stereotipi del cuore e della mente che ci fanno ancora mettere i buoni da una parte e i cattivi dall’altra,che ci fanno discutere su chi si salva e chi no, su chi ha il diritto di cittadinanza e chi non l’avrà mai, su chi ha il diritto di essere accolto e chi deve essere respinto.

La nostra comunità, partecipando attivamente al cammino che insieme facciamo da anni nel DIM, si sente impegnata ad ascoltare ciò che lo Spirito dice oggi alla chiesa e desidera prendere sul serio l’invito a fare nostra quella profezia di fratellanza che ha attraversato i secoli da san Francesco a papa Francesco. Vogliamo continuare a costruire ponti tra l’oriente e l’occidente.

L’incontro tra la nostra comunità e i fratelli della COREIS è stato molto intenso, iniziando al mattino di sabato con un momento di scambio di esperienze spirituali. Ci siamo presentati spiegando ciascuno il proprio nome: noi il nome spirituale ricevuto al momento dell’ingresso in noviziato, loro il nome arabo carico di tutta la ricchezza della spiritualità islamica. Abbiamo così iniziato con semplicità a condividere ciò che anima la vita quotidiana delle nostre fraternità passando per l’esperienza della preghiera che ci accomuna, discutendo sul significato della chiamata di Dio a vivere nel mondo senza essere del mondo, riflettendo sulla parola “responsabilità” come risposta, prima di tutto, alla chiamata di Dio. È a questo livello di condivisione e di comunione spirituale che in entrambe le comunità, abbiamo percepito quanto è fecondo il dialogo che nasce dall’apertura del cuore. Con stupore ci siamo accorti che somiglianze e differenze tra noi sono come i battiti del cuore, sistole e diastole che, proprio attraverso movimenti opposti, fanno circolare la vita in tutto l’organismo. Essere intorno alla stessa tavola per il pranzo ha accresciuto il gusto di familiarità tra di noi, gusto che si è espresso in gioiosa letizia.

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Nel pomeriggio il monastero è stato “invaso” pacificamente da tante persone, provenienti da varie realtà, per ascoltare le sei relazioni previste sul tema “I credenti e la creazione”. Il nostro arcivescovo Giovanni Tani e l’imam Yahya Pallavicini hanno aperto l’incontro esprimendo una profonda e grata partecipazione a questo evento. Il nostro vescovo ha iniziato con queste parole: “Devo dirvi che sono grato alle clarisse di Urbino perché mi mettono in condizione di vivere questi momenti che altrimenti non avrei avuto modo di vivere né di pensare; le sorelle mi stanno introducendo in una strada che, grazie a Dio, è una strada dove papa Francesco si mette in prima fila. Quindi, in comunione con lui, anch’io cammino in questa direzione; mi rendo conto che per me, ma anche nell’insieme per la comunità cristiana, c’è come una sorta di conversione che deve avvenire, un modo diverso di pensare e di pensarsi, un’accoglienza di un dialogo che fino a non molto tempo fa, senz’altro nei miei anni di formazione non era pensato così: ecco veramente una strada nuova, un kairòs nuovo che va vissuto in profondità, con la grande luce che viene dall’Alto, sapendo che stiamo vivendo un momento storico che richiede tutta la nostra responsabilità”.

Le varie relazioni ci hanno fatto passare dal “Silenzio nell’islam” al “Cantico delle creature” visto nella prospettiva di lode e di pace; dal “Laudato si’” all’“Essenziale invisibile agli occhi”, dal “Benedetto colui che mi ha creata, di santa Chiara” al “Parlare con Dio e di Dio, di san Domenico e di al-Suyuti”. In tutte queste relazioni è emerso l’atteggiamento del credente –cristiano e musulmano – verso il Creatore e la creazione, un atteggiamento di lode, di adorazione, di umiltà, di silenzio e di gratitudine. Per i credenti la presenza invisibile di Dio si dona attraverso i segni che lui stesso ha posto ma la sua essenza è al di là e al di sopra dei segni stessi, senza che ci si allontani dalla responsabilità di “muovere il cuore degli uomini e sollevarlo alla gioia spirituale”, senza che ci si allontani da quella misericordia ricevuta che ci fa essere strumenti di pace. Pur con accenti differenti, questo dialogo a più voci ci ha rimessi di fronte alla presenza di Dio che si manifesta nel mondo attraverso i suoi attributi, che sono i suoi novantanove Nomi più belli, ma che rimane sempre un mistero più grande che tutti ci abbraccia.

Questa indimenticabile giornata si è conclusa con il concerto del gruppo Sukum Ensamble che già noi clarisse avevamo conosciuto. L’imam Pallavicini ha introdotto il concerto di musiche islamiche con una interpretazione-rielaborazione magistrale del Cantico delle creature di san Francesco, che ha definito, in modo davvero originale e straordinario, “giullare francescano e santo musulmano”. L’ascolto della musica ha raccolto in una profonda armonia tutto ciò che nella giornata è stato seminato.

Bellezza e gratitudine sono i frutti racchiusi nel nostro cuore che ci spingono a guardare verso orizzonti sempre più ampi. Un grazie particolare a tutti i fratelli del DIM per la grande opportunità che il nostro comune cammino di dialogo e di fratellanza ci offre.
 

sr. Chiara Angela e le sorelle clarisse di Urbino

 

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