"Si deve sempre rispetto alle religioni altrui.

Agendo in questo modo si esalta la propria religione e non si fa offesa alle altre"

Editto XII 
del re indiano Ash
oka 
(III secolo a.C.)

 
46a Riunione delle commissioni europee del DIM
  
Monastero benedettino Holy Cross, ROSTREVOR (Irlanda del Nord)
2-6 ottobre 2017
 

Vi è un solo corpo e un solo spirito,
così come una è la speranza alla quale siete stati chiamati.
Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo,
un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti e opera attraverso tutti e in tutti.
(Ef 4,5-6)
 

La riunione annuale dei coordinatori delle commissioni nazionali del DIM/MID (Dialogue interreligieux monastique/Monastic interreligious dialogue) è stata ospitata quest’anno in Irlanda del Nord, presso il monastero benedettino olivetano Holy Cross di Rostrevor, fondazione dell’abbazia francese di Bec-Hellouin. In 1998 fr. Mark-Ephrem, monaco irlandese a Bec, e br. Erik giunsero in Irlanda del Nord per una fondazione; nel 2000 ottennero un terreno a Rostrevor e iniziarono la costruzione dei luoghi monastici e nel 2004 la chiesa venne inaugurata. La storia della comunità segnata dall’inizio dalla volontà di camminare con gli abitanti del luogo e pregare con loro per la riconciliazione e l’unità tra cattolici e protestanti. Il monastero si offre come uno spazio di libertà, di accoglienza e di preghiera per tutti i cristiani, e in questo modo superare le divisioni causate da identità confessionali sclerotizzate e “insanguinate” da decenni di incomprensioni, lacerazioni e violenze. La comunità è oggi formata da cinque fratelli: un nordirlandese, il priore Mark-Ephrem Nolan, tre monaci francesi e un giovane monaco messicano.
 
I coordinatori (o membri loro rappresentanti) partecipanti all’incontro quest’anno sono stati soltanto sei: Cosmas Hoffmann osb (Königmünster Abbey, Meschede, Germania), coordinatore della commissione austro-tedesca e coordinatore europeo; Oswin Gartside cr (Mirfield, Inghilterra), membro rappresentante il DIM Gran Bretagna e Irlanda; Matteo Nicolini-Zani (Comunità monastica di Bose), coordinatore della commissione italiana; Sheryl Chen ocso (Tautra Mariakloster, Norvegia), coordinatrice della commissione scandinava; Vera Maria Graça ocd (Carmelo di Porto, Carvalhosa, Portogallo), membro rappresentante la commissione iberica; Kefas Rietkerk osb (Abbazia di St. Willibrord, Doetinchem, Olanda). A questi si è aggiunto Erik Keeney ocso (Snowmass, Colorado) e, come già lo scorso anno, Anselmo Park osb, monaco benedettino dell’abbazia di Waegwan (Corea), attualmente dottorando a Montreal (Canada) con una tesi su Thomas Merton e il dialogo interreligioso.


L’arrivo di tutti partecipanti nel pomeriggio del 2 ottobre è stato accolto dalla comunità attraverso la comune preghiera nella chiesa monastica e poi il pranzo nel refettorio monastico, a cui è seguito un breve momento introduttivo, con la presentazione di ciascuno dei presenti e dell’atteso invitato con cui dialogheremo nei giorni successivi: il monaco butanese Lopen Gembo Dorji, già segretario generale del sangha monastico (Central Monastic Body) del Buthan, con una lunga e variegata carriera accademica alle spalle in molti e differenti paesi (Oxford, Tokyo, Honolulu).
 
Il primo giorno di lavoro (martedì 3 ottobre) è iniziato con una vivace presentazione della comunità monastica di Rostrevor da parte di fr. Thierry, foresterario del monastero, che si è soffermato soprattutto sul “segno ecumenico” che la comunità rappresenta nel contesto locale nordirlandese, realizzato in diversi modi: nella liturgia questo segno si fa più evidente nell’accoglienza all’eucaristia di cristiani non cattolici, nell’ampio spazio accordato all’intercessione per tutti i cristiani, nell’organizzazione e partecipazione di momenti di preghiera insieme ad altri cristiani. La giornata è stata tutta dedicata all’ascolto di e al dialogo con il ven. Lopen Gembo Dorji. Prima di ciò, fr. Oswin e fr. Erik hanno brevemente ricordato il viaggio in Buthan fatto alcuni anni fa insieme ad altri, guidati dal ven. Gembo, in cui hanno potuto fare una profonda esperienza del paese e della pratica buddhista in quella terra, mantenutasi a un livello di purezza elevatissimo. Al mattino il ven. Gembo ci ha offerto una presentazione del paese e dell’ingresso del buddhismo in Buthan nel VII secolo: in quest’epoca furono costruiti i primi undici monasteri storici. All’inizio del IX secolo arrivò Padmasambhava, e con lui sorse un grande numero di monasteri e luoghi di meditazione in tutto il territorio butanese. Nel tempo molti maestri giunsero dall’India, dal Tibet, dal Nepal, finché nel XVII secolo (1616) nacque “il padre del Buthan”, ritenuto l’incarnazione di Avalokiteśvara. La recente costituzione del Buthan (2008) sancisce il buddhismo come religione di stato e una parte della carta costituzionale tratta dell’organizzazione monastica: lo stato butanese è organizzato attraverso la sinergia tra organismi statali e religiosi paralleli, a tutti i livelli (nazionale, provinciale, locale, eccetera). Vi sono oggi circa ottomila monaci che appartengono ufficialmente al sangha e altri duemila al di fuori di questa struttura. Il paese è altresì noto nel mondo per l’indice da esso elaborato quale misuratore di sviluppo (Gross National Happiness, gnh).

Riunione_2017_bDopo il pranzo il priore, p. Mark-Ephrem, ci guida nella visita ai luoghi monastici: occasione per approfondire la vita che ha reso questo luogo uno spazio di delicata bellezza, naturale e architettonica, e un riferimento per l’ospitalità di cristiani di diverse confessioni.
Nel pomeriggio il ven. Gembo ha dapprima fatto ascoltare alcune musiche e canti liturgici della tradizione buddhista tibetana e butanese. La pratica rituale è una parte molto rilevante della tradizione vajrayana e pertanto costituisce una parte molto esigente della vita dei monaci. La maggior parte dei canti liturgici (nella lingua “classica” detta choekay,  “lingua del dharma”) sono memorizzati e cantati a memoria: per questo la memorizzazione dei testi costituisce una parte rilevante della formazione monastica. Il ven. Gambo ha poi proseguito descrivendo per sommi capi la meditazione buddhista così come è praticata nella sua tradizione. L’approccio della tradizione vajrayana o tantrayana alla meditazione attraverso la quale è possibile la realizzazione dell’illuminazione si caratterizza per la sottolineatura posta sul risultato (e non tanto sulle cause, come la tradizione mahayana), e quindi sulla meditazione, le visualizzazioni e le realizzazioni. Il risultato è la realizzazione della vera natura del sé. Al fine di allenare la mente si inizia con la meditazione śamatha (calmare la mente), fatta in un primo passo attraverso oggetti di meditazione semplici (immagini, respiro, eccetera), il cui fine non è la concentrazione (la quale produce energia e diviene dunque yoga!), e poi, in un secondo passo, attraverso la visualizzazione di oggetti mentali (ad esempio, Buddha): l’oggetto mentale, dopo essere stato creato, si dissolve e con esso tutte le creazioni mentali; e a questo punto avviene la realizzazione. I livelli successivi che portano alla realizzazione prevedono anche, per esempio, lasciare la mente così com’è, aperta, senza intromissioni esterne, facendola da sé giungere alla calma e alla stabilità. Il percorso proposto dalla tradizione butanese per divenire un meditante esperto dura tre anni. Sei metodi differenti (detti “sei metodi o yoga di Naropa”) per raggiungere il fine della meditazione, la realizzazione (mahamudrā, “grande sigillo”): tra questi, uno è il cosiddetto “yoga del sogno”, che utilizza il sogno per giungere alla realizzazione.
Dopo cena ci siamo ritrovati per una riunione di scambio e organizzazione delle attività del DIM/MID in Europa. Ciascuno dei presenti ha condiviso con gli altri l’evento più positivo, quello più problematico e quello più enigmatico vissuto nell’ultimo anno. Il coordinatore del gruppo italiano ha presentato, quale evento positivo, il processo che sta portando alla realizzazione di alcuni incontri di condivisione del cammino del DIM nella diocesi di Bologna per l’anno prossimo 2018; quale elemento di sfida, il difficile discernimento circa l’accoglienza di nuove adesioni di membri; quale progetto futuro, la presentazione in diverse sedi della versione sottotitolata in italiano del film documentario sul DIM “La via dell’ospitalità”, appena pubblicato.


Il secondo giorno (mercoledì 4 ottobre), è stato dedicato alla visita ad alcuni luoghi religiosi, monastici ed ecumenici significativi nei dintorni. Il gruppo è stato dapprima guidato alla visita della cittadina di Downpatrick, luogo di morte e sepoltura di san Patrizio (V secolo). Attraverso la visita guidata al St. Patrick Centre abbiamo potuto conoscere la vita e l’opera di questo santo evangelizzatore delle terre irlandesi, completata dalla visita alla prima chiesa irlandese edificata da san Patrizio nel 432 (Saul) e alla cattedrale di Down, antico sito benedettino, nei pressi della quale è sepolto il santo evangelizzatore dell’Irlanda. Dopo il pranzo consumato al St. Patrick Centre, il gruppo ha proseguito il suo programma con una breve visita a Belfast. Qui abbiamo avuto una preziosa occasione di conoscenza del dramma della contrapposizione tra cattolici e protestanti, fisicamente segnata dalla presenza di alcuni muri innalzati negli anni in diverse parti della città: il principale, chiamato tragicamente peace wall e innalzato “provvisoriamente” nel 1969 e mai ancora abbattuto, resterà tristemente nel cuore di noi tutti, emblema di una ferita ancora non sanata ma soltanto “congelata”. Un bel momento di scambio è stato quello avuto presso il convento dei redentoristi, dove abbiamo potuto conoscere il prezioso lavoro e le numerose attività di riconciliazione portato avanti dalla Clonard-Fitzroy Fellowship: tra queste, la più significativa è quella dei Catholic Unity Pilgrims, gruppi di cattolici che ogni domenica prendono parte alle liturgie di varie chiese protestanti locali (anglicane, presbiteriane, metodiste, pentecostali, eccetera) in segno di unità e riconciliazione.
Al nostro ritorno al monastero di Rostrevor abbiamo trovato la comunità ad attenderci per una cena durante la quale abbiamo potuto avere un bello scambio fraterno con i fratelli benedettini. 
 

Riunione_2017_cIl terzo giorno (giovedì 5 ottobre), dopo le consultazioni per stabilire luogo e date dei prossimi incontri, il ven. Gembo ha continuato la sua presentazione attraverso la visione di alcune immagini dei luoghi e della società (matriarcale) del Buthan e dei luoghi più significativi del buddhismo. Possiamo così approfondire la conoscenza delle istituzioni monastiche e delle sue peculiari tradizioni. Apprendiamo che la danza ha un posto significativo nella pratica monastica, essendo una delle pratiche meditative. Il ven. Gembo continua con una stimolante presentazione delle sfide che la comunità buddhista butanese sta affrontando negli ultimi anni a causa della modernizzazione del paese a partire dagli anni ’60 in poi. Il primo cambiamento coinvolge le modalità con cui portare il buddhadharma ai praticanti secondo i loro bisogni. Un altro cambiamento coinvolge i curricula nelle istituzioni monastiche buddhiste: in generale, gli insegnamenti sono oggi presentati in maniera più semplice e con programmi più specifici nella forma, e questo per rispondere alla situazione di “distrazione” attuale dei giovani. Un’ulteriore sfida è il futuro decremento della popolazione monastica a causa dei processi di urbanizzazione e di emigrazione.
 
Per il 2018 l’incontro europeo DIM/MID è programmato a Midelt in Marocco dal 10 al 14 settembre. Per il 2019 si è proposta per l’organizzazione del nostro incontro la commissione neerlandofona (St. Willibrord’s Abbey, 23-27 settembre 2019).
 
Fr. Matteo Nicolini-Zani, monaco di Bose

 

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