Nel cuore della Thailandia,
rinascere disarmati
Alcune “immagini” di una recente
esperienza spirituale interreligiosa
Thailandia
26 novembre - 10 dicembre 2024
Alcune “immagini” di una recente
esperienza spirituale interreligiosa
Thailandia
26 novembre - 10 dicembre 2024
“Quelle cose che occhio non vide né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo,
Dio le ha preparate per coloro che lo amano”
(1Cor 2,9)
Il viaggio in Thailandia è stato per me un dono grande, non cercato: a distanza di alcuni mesi per due volte mi era stato proposto di parteciparvi, ma solo al “secondo appello” ho cominciato a prenderlo in seria considerazione grazie anche al pieno sostegno delle mie sorelle. In ogni suo passaggio ed incontro posso proprio dire che è stata una vera esperienza spirituale molto forte che ha toccato in profondità tutte le fibre più intime del mio essere: tutto di me è stato coinvolto in questa danza dello Spirito, dal quale mi sono lasciata guidare e condurre.
Prima di partire, un monaco zen amico della nostra fraternità, pensando a ciò che avrei vissuto, mi aveva detto queste parole: “Lasciati vivere!”, e questa parola mi ha accompagnato ed è risuonata in me più volte nei diversi momenti del viaggio. Rileggendo tutto dopo qualche settimana dal mio rientro in comunità, riconosco che vivere quanto la Vita mi presentava, momento per momento, senza poter e voler necessariamente comprendere subito quanto stava avvenendo, soprattutto in me, è stato uno dei doni più preziosi (e forse anche profondamente desiderati) che questa esperienza mi ha regalato.
Certo, non posso negare che prima di partire avevo nel cuore un po’ di timori e di preoccupazione, soprattutto per la settimana di ritiro di meditazione a Camp Son, momento centrale del viaggio: tante ore di meditazione — una per me pratica spirituale totalmente nuova e mai vissuta prima —, orari molto mattutini e disciplinati, ambiente molto spartano ed essenziale, diversa distribuzione dei pasti e loro contenuto particolare rispetto a quello abituale, e poi la mia non conoscenza della lingua inglese… insomma, tanti erano i motivi per essere un po’ agitata e pensare a vie segrete di fuga.
E invece subito, fin dai miei primi passi in terra thailandese e in ogni momento vissuto, ho percepito una forte dimensione di familiarità e di accoglienza come se mi trovassi in un luogo da sempre conosciuto, e ciò, sorprendentemente, anche a Camp Son! Per cui tutte le mie paure si sono naturalmente dissolte senza nessun mio sforzo.
Per esprimere quanto vissuto in questa esperienza, ho pensato di condividere quelle stesse immagini che la pratica della meditazione ha suscitato in me, perché forse, meglio delle sole parole, riescono a rendere visibile e a far emergere la ricchezza, la bellezza e la profondità di ciò che è avvenuto in me.
La prima immagine ricevuta è stata quella della porta: la meditazione si è presentata a me come una porta che io potevo aprire per prendere maggiore consapevolezza delle mie emozioni e degli stati d’animo, sia quelli già conosciuti sia quelli più nascosti e in parte sconosciuti, per poter così provare a cambiare alcuni aspetti della mia vita. Aprire questa porta ha prodotto in me l’emergere dei tanti e molteplici pensieri che stavano affollando la mia mente, un po’ come un vulcano in piena eruzione, e non è stato facile guardarli, dare loro un nome e poi lasciarli andare cercando di prenderne le distanze; ma continuando nella pratica ho poi vissuto una grande liberazione interiore.
L’immagine che però descrive in modo più completo tutto il periodo trascorso in Thailandia, sia i giorni a Bangkok nella missione dei padri del PIME, sia la settimana di ritiro a Camp Son, è quella del grembo che dona una nuova vita: il calore e l’accoglienza della vita toccati con mano nella “Casa degli angeli” voluta dalla missionaria saveriana suor Angela Bertelli, la gioia e la leggerezza respirata tra i bambini e le bambine della struttura realizzata dalla fondazione Saint Martin dei missionari del PIME, la forza d’animo e la grande dignità che mi hanno trasmesso le persone incontrate in una delle baraccopoli della capitale thailandese dove padre Daniele ci ha portato, sono stati tutti incontri e passaggi di vita che mi hanno progressivamente preparato e aperto il cuore per fare spazio all’esperienza alla quale lo Spirito mi avrebbe guidato nei giorni del ritiro: la forza della meditazione unitamente alla grande essenzialità del contesto in cui l’abbiamo vissuta sono stati per me le viscere materne di una nuova e inaspettata rinascita interiore.
La possibilità di stare dentro il grande dolore fisico provato durante la pratica della meditazione, sconosciuto e inatteso, è stato anche un grande insegnamento di vita per me che tendo sempre a trovare vie di fuga al dolore: non un atto eroico della volontà, ma il desiderio di stare lì cercando di non fuggire mi ha riportato al mistero centrale della mia fede cristiana, ossia alla morte e risurrezione di Gesù, e veramente ho sperimentato che il dolore non è l’ultima parola e che oltrepassare quella soglia in cui sembra di non riuscire a stare è possibile e apre a una nuova e più profonda consapevolezza su di sé e a una nuova Vita. In quei momenti ho avvertito dentro di me le parole che san Francesco d’Assisi ha pronunciato sul monte de La Verna prima di ricevere le stimmate: “Signore, donami di sperimentare tutto l’amore e tutto il dolore che hai vissuto tu”. Allora la sala della meditazione è stata un vero roveto ardente per noi che vi abbiamo partecipato!
Un altro aspetto dell’esperienza della meditazione che mi ha molto colpito è relativo al nostro aver incontrato e condiviso questo tempo con monaci e monache, laici e laiche di religione buddhista in una dimensione di fraternità e di accoglienza reciproche molto forti. L’intera nostra esperienza è stata incastonata come una perla preziosa dentro la Parola di Dio. Infatti, la seconda sera del nostro ritiro a Camp Son, il direttore dell’International Buddhist Studies College dell’Università Mahachulalongkornrajavidyalaya ha voluto incontrare il nostro piccolo gruppo di monaci e monache cattolici e ci ha introdotto nello spirito con cui vivere la pratica della meditazione; in particolare, parlando del respiro, ha fatto riferimento allo Spirito che è stato messo in Adamo ed Eva. Poi l’ultimo giorno, poche ore prima di partire, una laica buddhista che aveva meditato sempre seduta vicino a noi monache ci ha donato un sacchettino con dei piccoli dolci e un biglietto scritto da lei a mano con la citazione dalla Lettera di san Paolo ai Romani: “E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull'esempio di Cristo Gesù” (Rm 15,5). Veramente l’incontro con le altre fedi illumina e riporta alla propria fede in un modo nuovo e tutto da scoprire… con l’aiuto dello Spirito, che è il segreto protagonista di tutti i cammini di fede dell’uomo.
Infine l’ultimo pensiero è la gratitudine a chi ha reso possibile tutto questo, in primis le sorelle della mia comunità, che mi hanno dato con gioia ed entusiasmo la possibilità di viverlo, a fratel Matteo e a padre Daniele che lo hanno pensato e custodito per alcuni anni e ci hanno creduto profondamente arrivando a realizzarlo, a suor Benedetta e a fratel Davide, a fratel Alberto Maria e a fratel Anselmo con i quali ho condiviso questa esperienza e con i quali si è creata da subito una profonda empatia e comunione. Grazie!
Sara Ricciardi OSC
Urbino