Dialogo e missione
1984
1984
È questo il tema centrale del documento pubblicato dal Segretariato per i non cristiani, e che ha come titolo L’atteggiamento della chiesa di fronte ai seguaci di altre religioni. Riflessioni e orientamenti su dialogo e missione (= DM). Esso fu pubblicato per commemorare la creazione avvenuta esattamente vent’anni prima dello stesso Segretariato e si presenta appunto come il risultato del lavoro di questo periodo. Qui, dunque, per la prima volta viene affrontato in modo esplicito il rapporto fra dialogo e missione, tenendo conto dell’evoluzione dell’orientamento riguardante le categorie di missione ed evangelizzazione verificatesi nel frattempo in buona parte della teologia. Il documento si divide in tre parti: la prima tratta della missione; la seconda del dialogo e la terza dei rapporti tra dialogo e missione. Più che seguire lo svolgimento dello schema, noi cercheremo di individuare tre problemi fondamentali.
(I) Quanto alla salvezza di chi non è cristiano – pur non essendo argomento diretto del documento – le posizioni non sembrano diverse da quelle del Vaticano II. Si sottolinea, però, che lo Spirito agisce «anche oltre i confini visibili del corpo mistico» (citazione di Redemptor hominis 6), ma in quanto agisce nella «profondità delle coscienze, e accompagna il cammino segreto dei cuori verso la verità» (nr. 24), cioè verso il regno di Dio, che è la meta finale di tutti gli uomini (nr. 25). Nuovo è l’accenno alla conversione del cuore a cui tutti sono chiamati, cristiani e non cristiani, e la conseguente possibilità di lasciare la propria religione per un’altra. Ma anche in questo caso si insiste sulla “legge della coscienza” (nr. 38).
(II) Non nuova è la valutazione delle altre religioni: si parla sempre di preziosi elementi religiosi e umani presenti nelle tradizioni di coloro che credono in Dio (nr. 42), di germi di bene e di verità posseduti da ogni comunità umana, «condensati nelle grandi tradizioni religiose dell’umanità»; si accenna anche agli elementi divergenti (non si dice però: contrapposti) presenti in esse (nr. 26). Nuovo è, invece, l’accento sul disegno di amore che Dio ha su ogni nazione: «La chiesa quindi vuole collaborare con tutti per la realizzazione di questo disegno, valorizzando così tutte le ricchezze della sapienza infinita e multiforme di Dio e contribuendo all’evangelizzazione delle culture» (nr. 41).
(III) Le maggiori novità si hanno, però, nel modo di valutare il dialogo. Dopo aver richiamato esplicitamente l’Ecclesiam suam, si afferma che il vocabolo deve indicare «non solo il colloquio, ma anche l’insieme dei rapporti interreligiosi, positivi e costruttivi, con persone e comunità di altre fedi per una mutua conoscenza e un reciproco arricchimento» (nr. 3). Concretamente le forme indicate dal documento sono le seguenti:
a. Il dialogo della vita quotidiana (nei vari ambiti: familiare, sociale, artistico, economico, politico) (nr. 30).
b. Il dialogo delle opere, cioè l’impegno comune per la giustizia e la liberazione dell’uomo (nrr. 31-32).
c. Il dialogo degli esperti (nrr. 33-34), cioè il dialogo teologico.
d. Il dialogo delle esperienze religiose di preghiera, di contemplazione, di fede (nr. 35).
Non si va oltre l’affermazione della compresenza nella missione dei compiti di evangelizzazione e di dialogo (nr. 7). Si afferma che la missione è un «compito unico» che si esercita in «molti modi» (nr. 11): il dialogo è uno di questi modi, ma non si determina il legame fra questi diversi modi. La missione, in quanto «realtà complessa e articolata» (nr. 13), comprende a sua volta i seguenti elementi principali:
a. presenza e testimonianza;
b. impegno per la promozione sociale e per la liberazione dell’uomo;
c. vita liturgica, preghiera e contemplazione;
d. dialogo interreligioso;
e. annuncio e catechesi.
Nonostante l’ampiezza assunta dalla nozione di missione – cioè non limitata solo all’annuncio esplicito e all’amministrazione dei sacramenti – non sembra che essa nel documento venga intesa
anche come un processo evolutivo, poiché se così fosse, non si spiegherebbe come mai nell’enumerazione la vita liturgica venga prima dell’annuncio e della catechesi. In questo caso, l’ordine appropriato dovrebbe essere il seguente: presenza, servizio, dialogo, proclamazione, sacramentalizzazione [27]. Al massimo si giunge a dire che il dialogo in quanto «è anzitutto uno stile di azione, un’attitudine e uno spirito che guida la condotta […] è la norma e lo stile necessario di tutta la missione cristiana e di ogni parte di essa» (nr. 29), come nel Vaticano II.
[27] J. DUPUIS, “Dialogo interreligioso”, p. 1251. Dupuis sostiene invece che nel testo sia comunque presente una nozione dinamica di missione.